VINCENZO RABITO
Vincenzo Rabito nacque nel 1899, in una poverissima famiglia, nella cittadina di Chiaramonte Gulfi, nella Sicilia Sud-Orientale. Visse gran parte della sua vita in condizioni pressoche’ disperate: niente scuola, faticoso lavoro in campagna fin dalla prima infanzia per aiutare una madre vedova e altri sei tra fratelli e sorelle, la prima guerra sul terribile fronte del nord-Est Italiano, l’emigrazione nell’Africa colonizzata dal Fascismo, le miniere di carbone nella Germania bombardata dagli alleati, un tardivo e insoddisfacente matrimonio. Alla fine pero’, la sicurezza di un posto fisso come cantoniere provinciale in una strada vicino al suo paese, conquistata con l’ingegno e la furbizia di cui era capace, gli permettera’ di mandare i suoi tre figli fino alla universita’ e dare loro cosi la possibilita’ di vivere quella vita che lui non ebbe la fortuna di vivere.
La sua vita non e’ molto diversa da quella di tanti coetanei della sua generazione e della sua condizione sociale, ma il modo come la impiego’ da pensionato, ormai vecchio, certamente lo e’. Giorno dopo giorno infatti, dal 1967 al 1970, esperimentando sulla macchina da scrivere lasciata a casa dal figlio Giovanni, batte’ faticosamente sui tasti quella sua “molto desprezzata e maletrattata vita” distendendola in piu’di 1000 pagine di prosa straordinaria ma pressocche’ indecifrabile. Si tratta di pagine fittissime, dove ogni parola e’ accompagnata da un punto e virgola, dove le frasi sono piene di agglutinazioni, di fusioni e di eccentricita’ grammaticali di ogni genere, risultanti pero’, a saperla leggere, in una narrazione brillante ed originalissima. Quando Giovanni gli porto’ via l’enorme dattiloscritto per vedere se poteva trovargli un qualche sbocco editoriale, Vincenzo scrisse di nuovo, in maniera addirittura piu’ estesa (1400 pagine), sempre sulla fedele macchina da scrivere, tutta la sua lunga vita, trasformandola alla fine in un diario concluso solo tre giorni prima della morte, avvenuta nel 1981.
I suoi amici sicuramente, o anche i suoi familiari qualora se ne fossero curati, si sarebbero stupiti se avessero saputo che stava scrivendo la sua autobiografia.
E lui stesso rimarrebbe ancora piu’ stupito se potesse sapere come la sua opera sia ora diventata un famoso best-seller e un film altrettanto importante. Nel 1999 Giovanni deposito’ il dattiloscritto presso l’Archivio Diaristico Nazionale di Pieve Santo Stefano, in provincia di Arezzo, che raccoglie proprio, nella loro forma originale, una quantita’ di diari e di autobiografie di scrittori non professionisti. Nel 2000 fu assegnato a quest’opera il premio annuale dell’Archivio. Una versione drasticamente ridotta dell’originale, curata da Evelina Santangelo e Luca Ricci, apparve quindi nel 2007 nella prestigiosa collana dei Coralli, dell’Editore Einaudi di Torino. Nel 2009 Vincenzo Pirrotta la riadatto’ per il teatro, con lo stabile di Catania, e la porto’ poi in giro per l’Italia e persino in Australia. Nel 2012 Costanza Quatriglio regista e Chiara Ottaviano produttrice, presentarono al festival cinematografico di Venezia: “Terramatta; il Novecento italiano di Vincenzo Rabito analfabeta siciliano”, vincendo parecchi premi nazionali e internazionali.
Dal 2015 al 2018 le descrizioni del soldato Vincenzo Rabito sono state usate in numerose commemorazioni della Prima Grande Guerra Mondiale.
A tuttoggi, l’opera e la personalita’ di Rabito continuano non solo ad incuriosire ma a suscitare entusiasmi che assai spesso sboccano nei progetti e nelle realizzazioni piu’ svariate.